UN PO DI STORIA DEL TRENTINO
Non c'è
dubbio che le origini di Trento si perdono nel buio dei tempi
preistorici, allorchè i primi abitanti, vivevano la vita della gente
neolitica. Quando dal sud arrivarono, presso il Doss Trento, i
nostri proavi, non si fermarono al piano, ma si acquartierarono sui
fianchi e salirono sulla spianata di questo colle pietroso, che pare
fosse preparato apposta da madre natura per servire da rifugio e da
riparo alle nuove genti. Il cucuzzolo alberato del Doss Trento è da
ritenersi pertanto la culla della città futura e, se avessimo
qualche dubbio a proposito, esso svanirebbe davanti al chiaro
linguaggio dei reperti archeologici trovati lassù: asce di roccia,
frecce di selce e sopratutto due tombe di rozzi lastroni contenenti
resti umani, che un attento esame antropologico dimostra essere
appartenuti ad una razza pre - ariana neolitica, vissuta 3000 anni
avanti Cristo. Furono dunque i neolitici appartenenti alla stirpe
ligure mediterranea ad iniziare la serie delle lente e pacifiche
ondate migratorie ( Etruschi, Veneti, Galli Cenomani, ecc. )
apportatrici in questa zona di forme di civiltà sempre più evolute,
le quali trovarono il loro culmine in quella romana, quando popoli e
razze diverse, tutte venute tra queste montagne, si fonderanno in
un'unica unità politica. Le poche casupole costruite all'inizio a
ridosso della Verruca sono cresciute di numero già nella età
neolitica e sopratutto in quella del bronzo, sia per il
sopraggiungere di nuovi ospiti che si aggiunsero ai primi abitanti
ampliando |
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La penetrazione della civiltà latina fra queste popolazioni, iniziata prima dalla rivolta pangallica, del 225 a. C., non subì mai arresti, continuando lenta, indisturbata e in modo del tutto pacifica anche dopo la vittoriosa guerra contro Annibale e i Cartaginesi. Ad un dato momento Tridentum con la valle dell'Adige e le terre limitrofe divennero parte integrante dello stato romano quasi senza accorgersene, quando la romanizzazione non era ancora ultimata sotto l'aspetto linguistico, religioso e politico. Nessuna tradizione o documentazione scritta ci sa dire quando Tridentum viene incorporata nello stato romano, tuttavia alcuni elementi di importanza rilevanti ci aiutano a essere su questo argomento un pò meno perplessi. Fra tutti, la fortunata scoperta di una pietra commemorativa ora murata all'esterno della chiesa di S. Apollinare, nelle cui righe avvertiamo l'implicita proclamazione della già avvenuta romanizzazione della città. Eccone la traduzione: "L'imperatore Cesare Augusto, figlio del divo Giulio Cesare, nel XI consolato, con podestà tribunicia, ordina a Marco Aurelio, figlio di Sesto, suo legato, fece erigere". Questa epigrafe pur nella sua incompletezza, ci da la certezza che nel 23 a. C. Tridentum era già nell'ambito statale di Roma, poichè è illogico supporre che l'imperatore avesse potuto far eseguire lavori così importanti in una regione estranea al proprio dominio. E' l'opera che Marco Aurelio doveva compiere, cioè la costruzione in città e nei dintorni di valide difese contro l'incombente minaccia delle popolazioni retiche, era destinata ad essere ricordata nei secoli. I romani designavano col nome di Reti, tutte le popolazioni montanare dislocate su ambedue i versanti lungo la catena centrale delle Alpi, dal monte Adulo, il San Gottardo, fino oltre la valle dell'Adige. I Reti durante la repubblica e prima della conquista romana non formavano uno stato unitario, ma come dice Plinio, erano "in multes civitates" divisi e indipendenti gli uni dagli altri. Del resto questa sistemazione in piccoli centri
La maggiore attrattiva dell'area archeologica sotto il Teatro
Sociale di Trento è il tratto di selciato in costoni di pietra rossa
del decumanus minore, lunga trentasei e largo sei metri (
sopra foto a destra ) appartati fra loro e distinti ognuno con un proprio nome, era favorita dalla stessa conformità del paese, frastagliato da monti e valli spesso di difficile comunicazione reciproca. Però certamente tutte queste popolazioni sparpagliate in tante valli alpine, dove ognuna di esse faceva vita a se, dovevano avere in comune qualcosa che le distingueva dai popoli confinanti. Probabilmente la lingua, se i romani le raggrupparono sotto l'unico nome di Reti. Il territorio comprendente la stirpe retica confinava a Occidente con la terra degli Elvezi, a Oriente con le regioni abitate dai Veneti e col Norico, a Settentrione con la Vandelicia e al Meridione con l'antica Gallia Cisalpina. Un'ipotesi sull'origine di questa popolazione fu fatta da Plinio stesso, che vede nei Reti i discendenti degli Etruschi, cacciati dalla Pianura Padana, sotto l'incalzare dei Galli e rifugiatisi fra i monti al seguito del loro condottiero di nome Reto. Un'altra ipotesi sostiene
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